giovedì 30 ottobre 2014

Un posto al sole (prima parte)

Rieccomi a parlare della terza scelta

"Tu non sai cosa vuoi"
Alzi la mano chi non si è mai sentito incolpare di questo.
E quando ho sentito queste parole con tono di accusa ho sempre cercato di difendermi, dicendo che non è vero. Poi, per tanto tempo ci ho pensato.

Non sapere cosa si vuole è una colpa? Ci ho messo anni a capire che non lo è. Perché quando si può scegliere si ha anche la responsabilità di farlo.
E così ho capito che per la nostra generazione sapere cosa si vuole è una conquista. E anche una conquista difficile.
Da un lato tutti quelli che hanno 20-30 anni più di te che ti dicono che hai tutto, che una volta si viveva con poco. Gli anziani che ti raccontano della povertà, delle scarpe sfondate e dei cappotti rivoltati. E che te ne fanno una colpa perché, almeno da questo punto di vista, a te è andata meglio. Puoi studiare, anzi puoi scegliere cosa studiare. Bene, ma la responsabilità è grossa.
Dall'altro le strade che ti si aprono davanti e tu non sai dove portano. E se sbagli non sai se puoi tornare indietro.

E come si fa a scegliere un posto per stabilirsi? Un conto è quando si presenta un'occasione: l'università, un lavoro, un partner, che ci porta in un Paese nuovo e lì si fa una scelta spesso tra il luogo d'origine e quello dove si è creata l'opportunità di andare. E già così non è una scelta semplice.

Cercare a tavolino il luogo dei propri sogni è tutto un altro paio di maniche.
Il fatto che le radici non esistano più aiuta. Perché ora sono in una città che non è la mia, e non ho più una mia città, una base, un posto dove tornare indietro.

Cercare, sì, ma cosa?
Cos'è che determina lo stare bene o no dove si vive? Cos'è che mi ha fatto cambiare mille volte idea?
Anche molto prima della crisi e dell'ondata di emigrazione di questi anni.

Prima di tutto il clima.
Sì, io sono uno che ha freddo anche al Sud Italia. Molto. Funziono tra i 25 e i 35 gradi, soffro il caldo solo sopra i 40, solo allora comincio a far funzionare un ventilatore (un condizionatore mai, non ne ho mai avuto uno, nemmeno in auto). Sotto i 20 gradi muoio letteralmente di freddo. Siamo a Ottobre, abito a Lucca, 20 m sul livello del mare. E impreco contro il freddo dalla mattina alla sera.


Diciamo pure che un clima così lo gradirei per un paio di mesi all'anno. Ora, fino a maggio-giugno c'è da soffrire.
Vorrei vivere dove non si soffre mai il freddo. Questa è sempre stata la mia priorità. E, visto che ci tenevo così tanto (chi ride lo fulmino) sono stato per anni a Cremona, a Sondrio e a Cuneo, dove sono arrivato ad agosto ed ho letto i cartelli sugli edifici "non sostare vicino agli edifici dopo le nevicate" perché si possono staccare dei pericolosi lastroni di ghiaccio.
A Lucca fa meno freddo, ma quei cinque pallini gialli che vedete in figura rappresentano una vittoria insolita. Di solito ci sono sette nuvolette con le gocce.
continua...



domenica 26 ottobre 2014

La terza scelta

Vattinni chista è terra maligna!

Fino a quando ci sei ti senti al centro del mondo, ti sembra che non cambia mai niente. Poi parti. Un anno due, e quanno torni è cambiato tutto: si rompe il filo. Non trovi chi volevi trovare. Le tue cose non ci sono più. Bisogna andare via per molto tempo, per moltssimi anni, per trovare, al ritorno, la tua gente, la terra unni si nato. Ma ora no, non è possibile. Ora tu sei più cieco di me. (Alfredo)

Da "Nuovo cinema Paradiso"


Avevo, credo, 17 anni quando sentii queste parole, quando vidi per la prima volta questo magnifico film. 
E non le capii. 

Anche perché allora l'idea di allontanarmi da Matera non mi sfiorava lontanamente. Non pensavo e non capivo che per molti miei coetanei le cose erano abbastanza diverse.

Due anni dopo sono partito. 
Una scelta coraggiosa, dico con orgoglio. Non andavo a studiare all'università per costruirmi una carriera. Non sono andato in una di quelle belle città piene di studenti dove i 20 anni si godono alla grande. Ho scelto di diventare un liutaio per offrire alla mia città un servizio che non aveva.Partivo per tornare, considerando il mio soggiorno a Cremona come qualcosa di assolutamente provvisorio.

Non se la prendano i lombardi che leggono qui, ma la mia esperienza è stata orribile. E sottolineo, la mia esperienza, le persone che io ho incontrato, alcune in particolare, non vorrei generalizzare e non mi sognerei mai di includere tante altre che conosco. Anzi, è l'occasione buona per dare un abbraccio ai miei lettori/trici lombardi/e, che sono persone meravigliose.
Ho sofferto tanto il freddo. Non parlo solo del freddo umido della pianura padana, ma anche dell'ostilità della gente che ho incontrato. Un terrone, in certi ambienti, non viene accolto col tappeto rosso. Scappavo da lì appena potevo, contavo i giorni fino alle vacanze successive, non vedevo l'ora di tornare per non andarmene più.

Intanto, durante i miei ritorni, a volte per periodi lunghi, a Matera, scoprivo che le cose cominciavano ad andare proprio come le racconta Alfredo. Quando torni è cambiato tutto, si rompe il filo. Gli amici che frequentavo si erano sparsi per l'Italia per andare all'università. Ma non erano partiti per tornare come me. Non sono più tornati. E di amicizie nuove così importanti non ne ho avute mai più, in nessun altro posto. Il lavoro non è andato come pensavo. A proposito, per chi mi vorrebbe chiedere cos'è un liutaio, è quel che vedete in questo post. Un lavoro bellissimo.

Fu allora, mentre ero a Cremona, che pensai che non sarei tornato a Matera per restare. Che avrei cercato e scelto il posto migliore al mondo per vivere. Fu allora che cominciai a pensare che ci sono tre scelte che possono rendere una vita felice. Come spiego qui.
Sono passati degli anni, e da allora ho pensato a tanti posti diversi, cambiando idea, cercando, da lontano, di capire come si può vivere in un certo Paese, in una particolare città.
Sicuramente non c'è modo migliore che provare a vivere in un posto per un periodo di tempo, ma non sempre questo è possibile.

La terza scelta, da allora, non è ancora compiuta. Sono cambiati anche i criteri, da solo pensavo per me, in due è diverso, in tre tutto è cambiato. Abbiamo vissuto in diversi luoghi. Non ci siamo spostati per scelta, sempre per necessità e in posti non scelti.Nel frattempo la rete mi ha offerto degli strumenti sempre migliori per orientarmi. E negli ultimi anni ne ho scoperto uno preziosissimo.Siete voi, cari bloggers, che con i vostri racconti mi siete venuti in aiuto in una maniera inaspettata.
Leggere ciò che scrive chi vive all'estero mi ha dato delle informazioni che non avevo mai potuto ottenere in nessun modo. A voi dedico un "Grazie" immenso.

Ho contattato alcuni di voi, ho approfittato e abusato della vostra gentilezza (tant'è che qualcuna di voi ha già conquistato l'appellativo di "santa donna" per come l'ho messa in croce).
Ho ancora molte cose da chiedere, ed è principalmente per questo che è nato questo blog. Anziché continuare a invadere gli spazi altrui con tutte le mie domande, con i miei sproloqui logorroici, vorrei invitarvi ad esprimervi qui. Ci sono molti aspetti di cui vorrei parlare, dettagli che vorrei chiedere. In pratica questo sarebbe il primo di una serie di post dedicati a questi argomenti. Chi se la sente? Chi vuol partecipare?

Ah, lo so che molti di voi sono assediati da aspiranti expat che scrivono "Ciao **** (e sbagliano pure il vostro nome). Mi trovi casa e lavoro? Non so fare nulla, eccoti il mio cv. Ma mica è necessario sapere la lingua per lavorare dove vivi tu, vero?" No, dai, chi mi conosce sa che non mi sono mai presentato con domande del genere. Poi così forse è anche più semplice. Ognuno legge e commenta quel che vuole.
Ci state?


domenica 19 ottobre 2014

Capitale europea della cultura

17 Ottobre 2019. Il titolo di Capitale europea della cultura 2019 va alla città di... Matera




Auguri Matera
Auguri a tutti quelli che ci hanno creduto e che ci credono ancora, che Matera possa diventare una città migliore.
Auguri a tutti quelli che hanno amato e che amano questa città meravigliosa.
Auguri a tutti quelli che pensano, illudendosi, che ora che abbiamo vinto, Matera uscirà dall'isolamento, che avrà quella ferrovia che attendiamo da un secolo, 23 Km cominciati negli anni settanta e mai terminati.
Auguri ai panettieri, che troppo tardi si sono svegliati e che lasciano che il pane di Matera, quello originale, l'unico, sia conosciuto come pane di Altamura.

Ti ho sempre amata, Matera.
Ti ho dedicato anni di vita, cercando di offrirti il meglio che avevo.
Ma non hai voluto.
Quando mi sono allontanato e l'ho fatto per tornare e darti il massimo, non l'hai capito e non mi hai più voluto.
Quando ti ho chiesto di non lasciarmi mi hai detto di andare via, che per me non c'era più posto.
Quando sono tornato a dirti addio non mi hai parlato.

Ora mi chiedi perché non passo più a trovarti. Non posso, mi hai fatto troppo male.
Ma non ho mai smesso di amarti.
Auguri Matera. Sii felice.

sabato 18 ottobre 2014

La profesora y la niña

Una visita tanto attesa

Como no te das cuenta que R te està tomando el pelo y M es un tesoro?
Probablemente la frase decisiva. Como una sliding door.
 Porque cuando te estàs jugando asì la vida, una amistad como esta es la cosa màs preciosa que puedes tener.
Aquì les habìa contado de estos dos años pasados en chat, buscando a mi media naranja. Y de la Profesora. Una bellisima amistad. Ella es desde ese tiempo una persona preciosa y en ese periodo lo fue todavìa màs. Me enseñò el español, y sobretodo me escuchò y me aconsejò en esta elecciòn tan importante y dificil.
Cuantas veces pensè que no habrìa logrado, que habìa perdido el ùltimo trèn? Y ella, desde allà me animaba para que siguiera en esta locura, diciendome que sì, lo habrìa logrado.
Conocer a una persona solo a travès de una pantalla, ya lo saben todos, nunca es suficiente.
Y hay gente que nunca se confiarìa en tener una relaciòn asì. Cada uno, a travès de la red, detràs de un nickname, puede ser quien quiera.
Cuanto puede ser dificil saber cual amistad profundizar, quièn es sincera, quièn te està tomando el pelo?
Pero hay algo muy bueno en las charlas. Las conversaciònes las puedes guardar. Y si quieres pedir un consejo, las puedes enseñar asì como son, sin contarlas.
Y es lo que yo hacìa. Entre una clase y otra (y todavìa me acuerdo de cuando me tocò escribir 50 veces la palabra ver para aprender que se escribe con una e sola, y no como leer) le enseñaba las conversaciònes pidiendo consejos.
Y hablando de clases, es en serio, la Profesora es una profesionista en serio, da clases de italiano en una escuela importante de Buenos Aires.
Y llegò el momento de eligir. Entre una persona estroversa y brillante, que conquistaba con lo que escribìa, con todos los colores, pero que despuès desaparecìa por completo y por tiempos largos. Que contaba historias un poco dificiles para creer. Esta es R.
Y otra que, al contrario, siempre hablò muy poco, pero con el corazòn. Que, a diferencia de la primera (que nunca vi en foto) se dejò conocer asì como es, sin intentar maravillar con efectos especiales, pero que siempre me conquistò con su dulzura. Estoy hablando de M.
No exagero en decir que la Profesora tuvo un rol importante en la formaciòn de mi familia. Porque M es mi esposa, hoy, y la mamà de mi hija. Y desde la distancia la Profesora fue viendo todo esto.
A la distancia, porque hasta ahora no habìamos tenido la oportunidad de encontrarnos. Y por fin esta oportunidad se diò.
Pude conocerla en persona y decirle, presentandole a mi familia: "Viste lo que has provocado?"
Ma come, non ti accorgi che R ti prende in giro e che M è un tesoro?
Probabilmente la frase decisiva. Come una sliding door.
Perché quando ti giochi la vita in questo modo, un'amiciza come questa è quanto di più prezioso tu possa avere.
Avevo raccontato qui di due anni passati in chat, alla ricerca della mia anima gemella. E della Professoressa. Un'amicizia bellissima. E' da allora una persona preziosa, e in quel periodo lo è stata ancora di più. Mi ha insegnato lo spagnolo, ma soprattutto mi ha ascoltato e consigliato in questa scelta così importante, difficile.
Quante volte ho creduto di non farcela, ho detto che avevo perso l'ultimo treno? E lei era lì a incoraggiarmi in questa follia, a dirmi che ce l'avrei fatta.
Conoscere una persona solo attraverso uno schermo, ormai lo sapete tutti benissimo, non è mai sufficiente. E c'è chi non si fiderebbe mai di una relazione così. Ognuno, attraverso il web, dietro un nickname, può essere chi vuole. Quanto può diventare difficile capire quale amicizia approfondire, chi è sincera, chi ti prende in giro?
Però c'è una cosa molto positiva nelle chat. Le conversazioni le puoi salvare. E se vuoi chiedere un consiglio puoi farle vedere così come sono, senza raccontarle.
Ed è quello che facevo, tra una lezione e l'altra (e ancora mi ricordo di quando dovevo scrivere 50 volte la parola ver per imparare che si scrive con una e sola, non come leer) le mostravo le conversazioni e cercavo consigli. E se parlo di lezioni dico sul serio. La Professoressa insegna italiano a Buenos Aires, in una scuola importante, è una professionista sul serio.
E a un certo punto arriva il momento di fare una scelta. Tra una persona estroversa, brillante, che conquistava con quel che scriveva, con tutti i colori, ma che poi spariva per lunghi periodi. Che raccontava cose un po' difficili da credere. E questa è R.
Ed un'altra che invece ha sempre parlato molto poco, ma col cuore. Che a differenza della prima (che non ho mai visto in foto) si è lasciata conoscere così com'è, senza cercare di stupire con effetti speciali, ma che mi ha sempre conquistato con la sua dolcezza. Sto parlando di M.
Non esagero se dico che la Professoressa ha avuto un ruolo importante nella formazione della mia famiglia. Perché M è mia moglie, oggi, e la mamma di mia figlia. E la Professoressa, a distanza, ha visto tutto questo.
A distanza, perché finora non avevamo avuto l'opportunità di incontrarci. E, finalmente, questa possibilità c'è stata.
Ho potuto conoscerla di persona e dirle, presentandole la mia famiglia: "Hai visto cosa hai combinato?"


Un viaje en Italia de un mes, de Roma a Napoles, de Venecia a Turìn, a Florencia y aqui con nosotros en Lucca.
Una visita maravillosa. Solo un fin de semana, pero esperado por tanto tiempo y vivido intensamente.


Un viaggio in Italia di un mese, da Roma a Napoli, da Venezia a Torino, a Firenze e qui con noi a Lucca.
Solo un fine settimana, ma atteso per tanto tempo e vissuto intensamente.


Y la profesora nos presentò a esta niña. No la que està escondida detràs de la mesa, la que està sentada. Una traviesa, que viviò junto con ella todo este viaje.
Entre las dos conquistaron a mi hija. La llenaron de atenciones, mimos y regalos.
Luego la Tremendazza le fue compartiendo sus juegos, les brincò encima, y no las soltò un minuto.
En realidad no se entendìa muy bien quien era la màs traviesa entre las niñas. Vean ustedes!
E la professoressa ci ha presentato questa bambina. Non quella nascosta dietro il tavolo, quella seduta. Una gran monella, che ha vissuto insieme a lei tutto questo viaggio.
Tutte e due hanno conquistato mia figlia. La hanno riempita di attenzioni, coccole e regali.
La Tremendazza ha condiviso da subito con loro i suoi giochi, le è saltata addosso, non le ha lasciate libere un minuto. In realtà non si capiva molto bene chi era la più monella tra le bimbe. Giudicate un po' voi!



Bueno, esta vez me arriesguè un poco màs. El materano mucha gente no lo sabe y los errores nadie los viò, ahora con el español, muchos me van a poder regañar los varios errores. No sean muy estrictos, por favor!
Bene, stavolta ho rischiato un po' di più. Il materano non lo sanno in molti e nessuno si sarà accorto degli errori. Con lo spagnolo più di qualcuno mi potrà bacchettare. Non siate troppo severi, per favore!

giovedì 9 ottobre 2014

Il serpente e la monetina

La furbizia dei bambini


La Tremendazza, come tutti i bambini, vorrebbe continuamente giocattoli nuovi. E quell'infernale macchina che è l'industria del giocattolo, si inventa di tutto per renderci la vita più difficile.
Normalmente desidera piccole cose. Anche se è femmina 100%, come disse a suo tempo il medico durante l'ecografia, non ha mai amato le bambole. La sua passione sono draghi, camaleonti e dinosauri e rettili di ogni genere. 
In edicola ne inventano una serie nuova ogni mese, in bustine da collezionare. E, ovviamente, lei li vorrebbe tutti. 

Per accontentarla, ma allo stesso tempo per cercare di non darle troppe cose sempre nuove e fare in modo che apprezzi quel che ha, cerchiamo di farle guadagnare questi giochi.
Quando si comporta bene (dicasi, per esempio, mangia la verdura, sforzo immenso per ogni cinquenne che si rispetti, oppure per un po' dorme da sola senza cercare di venire nel lettone, se non fa capricci vari) guadagna una monetina. 
E quando ha un po' di monetine da parte nel salvadanaio, può comprare un piccolo giocattolo di questo tipo. Indossa la borsetta, ci mette dentro il borsellino con le monetine e andiamo insieme a fare "shopping".

Per un po', dopo che al suo compleanno ha ricevuto tanti giochi nuovi, abbiamo lasciato che accumulasse denari e li mettesse da parte. L'intenzione era poi quella di accompagnarla in un negozio di giocattoli perché scegliesse. 
Così, due sabati fa, siamo andati in un negozio di giocattoli per scegliere un regalo per un suo amico. Lì ha visto un serpente di gomma di cui si è invaghita. 
Al momento non gliel'ho preso, non avevamo la sua borsetta (e per lei è una cosa importante) e volevo essere sicuro che volesse proprio quel serpente.
Ci ha chiesto di andare il giorno dopo. Ci abbiamo provato, ma era domenica e il negozio era chiuso. Non si voleva arrendere all'idea di attendere, così ci ha chiesto di andare in un altro negozio. Niente, chiuso anche questo. 

Andiamo a fare la spesa e la lasciamo nello "spazio bimbi" del supermercato, dove i bimbi giocano e disegnano sotto lo sguardo vigile e a volte incazzato di alcune gentilissime signore. E lì lei disegna. 
Disegna una mappa, per raggiungere un negozio di giocattoli lontano. Non so se ricorda qualche posto particolare che abbiamo visitato, ma voleva provarci ancora. Nella mappa c'è una strada e un semaforo. Le chiediamo di leggere la mappa e indicarcelo. Ovviamente non siamo arrivati da nessuna parte. Ma qualcuno mi sa dire come catafombolo ha fatto ad avere un'idea del genere? Disegnare la mappa per andare al negozio di giocattoli?

Si è rassegnata ad aspettare il sabato successivo, ché il papà torna troppo tardi per poterla accompagnare in settimana prima che i negozi chiudano. Ogni giorno però chiedeva se il successivo era sabato.
E il sabato successivo, dolcemente, la Tremendazza sveglia il suo papà con tante, tante carezze. E il paparino, illuso, gioisce nel sentirsi così amato, pur sapendo che senza porre indugio alcuno, avrebbe dovuto assolvere al suo dovere di autista/accompagnatore.

Arriviamo al negozio e il serpente non c'è più. Ma la Tremendazza non si arrende, ne scova un altro, anche se diverso, le piace lo stesso e, felice, soddisfatta, lo conduce con sé. E, come fa con ogni giocattolo nuovo, non lo lascia per un istante.


La qualità foto è quel che è, rassegnatevi. O le foto le fa mia moglie, o le frego dal web, o questo vi beccate. Non sono proprio capace!

Andiamo a fare la spesa, nuovamente la lasciamo nel luogo ove i bimbi danno sfogo alla loro creatività e alle loro energie (così a casa non scassano i maroni). All'uscita, la gentil signora addetta alla sorveglianza dei monelli procura di far sì che la Tremendazza non dimentichi il suo nuovo gioco e glielo riconsegna con aria disgustata, tenendolo con due dita.

Per la giornata si è anche impegnata a dare da mangiare al suo serpente e non lo ha lasciato per un attimo. E infine, la notte, lo ha messo sotto il cuscino perché dormisse con lei.

domenica 5 ottobre 2014

La strage di Viareggio

Post sconsigliato alle persone troppo sensibili, da leggere con cautela


29 Giugno 2009. Ore 23.48

Un treno merci carico di GPL sta attraversando l'Italia. Partito dal Piemonte per andare in Campania, segue la via litoranea col suo pericoloso carico. Un carico posto su un convoglio che non avrebbe dovuto circolare.
Mentre il treno sta uscendo dalla stazione di Viareggio un asse del primo carro cisterna si rompe.

Nel bel mezzo della città. A 800 metri dalla stazione.
Ancora una manciata di chilometri e questa tragedia sarebbe successa in aperta campagna. No, sfiga maiala, proprio nel bel mezzo della città.

Il treno deraglia, i carri carichi di gas si ribaltano. I macchinisti, eroicamente, frenano il treno, saltano giù dal convoglio, scavalcano un muro e corrono a dare l'allarme, nella sede della croce verde.
Intanto succede il disastro. Una scintilla e il gas esplode.

Come una bomba in mezzo alla città. I muri crollano e tutto brucia. Per colmo di sfortuna bruciano anche le ambulanze della croce verde che, vicinissime al luogo del disastro, non potranno portare soccorso a nessuno.

In questa mappa ho provato a tracciare, approssimativamente, la zona interessata dalla tragedia.




Le storie legate a quella notte sono terrificanti. Moriranno in tutto 32 persone, tra cui diversi bambini.
Quale genitore può immaginare, mettendo a letto il proprio figlio, al sicuro nella propria casa, che il bambino non vedrà un altro giorno?

Un uomo passava in moto, di lui verrà ritrovato solo il casco.

Un ragazzo di 16 anni, uscito vivo dalla zona dell'incendio, si butta tra le fiamme per cercare di salvare la sorellina. Moriranno entrambi.

Famiglie intere vengono spazzate via in una sola notte. Anzi, dire in una sola notte sarebbe troppo poco. Alcune delle vittime hanno lottato per mesi prima di esalare l'ultimo respiro.

Quando tutto questo è successo io a Viareggio non c'ero mai stato. Io e mia moglie ci svegliammo con questa notizia terrificante al telegiornale. Una notizia, purtroppo, come molte, molte altre. Una notizia di quelle che segui per qualche giorno, poi i riflettori si spengono e si dimentica.

Strana coincidenza, poi, due anni dopo, ho conosciuto da vicino questi luoghi. La mappa in alto inquadra anche, un po' fuori dal cerchio rosso, la sede dell'azienda per cui lavoro. Per due anni e mezzo ho viaggiato da Lucca a Viareggio, in treno, passando ogni giorno esattamente nel punto dove questa strage si è consumata.
Due anni dopo non sarebbe stato possibile riconoscere il luogo della tragedia. Alcune case sono state abbattute perché pericolanti, così come la passerella pedonale. La linea ferroviaria, che collega Genova a Roma, è stata ripristinata. Ci sono state però un paio di cose che ho notato, non subito, ma dopo un po' di tempo, passandoci tutti i giorni. E quando le ho notate mi si è gelato il sangue. Mi spiace, ma non ho le foto da mostrare.

Una è un cartello "VIAREGGIO". Uno di quei cartelli che indicano in che stazione ci si trova, in modo da sapere quando si deve scendere. Il cartello è bruciato. Chissà quante cose simili vediamo tutti i giorni. "I soliti vandali", ho pensato la prima volta. Poi ho fatto mente locale, ho inquadrato la zona e, no, nessun vandalismo, quel cartello bruciato è l'ultimo testimone di quella tragica notte.

L'altra era una casa. "Che strano", ho pensato. Un pezzo di edificio così sottile. Come una stranezza di qualche architetto. Poi, distante, un'altra parte, come se continuasse. "E' come se a questo edificio mancasse un pezzo".
No, non è "come se". In mezzo c'era proprio un altro pezzo. E in quel pezzo ci vivevano le persone che hanno vissuto quell'incubo. Un contatto con la realtà pari a una mazzata in fronte.

Da quel 29 giugno sono passati più di cinque anni. E intanto i riflettori si sono spenti. Ma non a Viareggio. Per la città la ferita è ancora aperta.
Ho avuto modo di conoscere molti viareggini. Alcuni molto bene. E posso affermare una cosa, senza paura di essere smentito. Che i viareggini hanno un cuore immenso.

Proviamo a fare due conti: Viareggio fa sessantamila abitanti d'inverno, esclusi quindi i villeggianti.
Le vittime sono state 32, di cui 22 italiani e dieci stranieri. Questo vuol dire che probabilmente una gran parte dei viareggini non conosceva le vittime, né aveva nessuno coinvolto in qualche modo tra i propri cari.
Cosa potremmo aspettarci? Che i cittadini partecipino magari all'inizio, che ai funerali ci siano anche persone estranee, ma non tantissime, che vogliano far sentire la propria presenza, la propria vicinanza.

A Viareggio possiamo aspettarci questo





Rubo qualche trafiletto da  wikipedia:

"Il 29 luglio 2009, ad un mese della strage, si tenne la prima commemorazione: una marcia silenziosa di circa 15.000 persone."

"Il 29 giugno 2010 è stato il primo anniversario dell'incidente ferroviario. [...] Quasi ventimila persone, con fiaccole e messaggi di solidarietà, hanno sfilato per i cinque chilometri di percorso..."

In questi due anni e mezzo ho visto tanti striscioni, o anche lenzuola attaccate a qualche cancello. Nessuna udienza è passata inosservata.

Sì, perché c'è un processo che dura da più di cinque anni, 33 imputati e nessun condannato, finora. Perché dove è stato costruito questo maledetto asse? Quando? Chi aveva la responsabilità di controllarlo? Chi quella di farlo circolare sui binari italiani?

Per chi vuole cercare queste risposte le fonti non mancheranno.
Al processo, il presidente del consiglio Letta decide che lo Stato non si costituirà come parte civile. Il presidente dell'associazione dei familiari delle vittime scrive una lettera straziante a Letta (al link la lettera e la risposta dell'ex presidente del consiglio).
Ricordo il giorno in cui cercavo di leggere questa lettera sul giornale, al bar a Viareggio. Prendevo il giornale, ne leggevo un pezzo, mi trattenevo dallo scoppiare a piangere, mollavo il giornale dicendo "non ce la faccio", poi riprendevo.

Nel cercare documentazione per scrivere questo post, scopro altre due cose che avrei preferito non vedere mai.
Una è il licenziamento di un ferroviere che aveva accettato di fare da consulente alle famiglie delle vittime. Denunciato dal presidente delle ferrovie e poi licenziato.

L'altra potete leggerla qui:
cinque-anni-fa-la-strage-di-viareggio-gli-imputati-hanno-fatto-tutti-carriera

Non si può, non si deve.
Mai più